Molto cammino è stato fatto. Oggi tuttavia il modello di Europa, costruito in questi ultimi 70 anni, fa acqua e rischia di naufragare.
Già prima della caduta del muro di Berlino era mancato il coraggio di una vera unione politica e fiscale che ci avrebbe portato piu vicini al sogno di una Europa veramente unita. Poi con lo scomparire del pericolo a Est la saldezza dei legami tra i Paesi membri si è allentata. Spinti anche dall’alleato americano, a cui una Europa davvero unità ed autonoma non è mai piaciuta troppo perché meglio aver a che fare con nazioni piccole e più insignificanti, si è puntato ad un veloce allargamento ad Est. Purtroppo questo ha prodotto anche effetti discutibili. La frammentazione e le differenze sono aumentate senza che Bruxelles avesse i mezzi per imporre scelte comuni. Contemporaneamente fiumi di danaro hanno preso la strada dei nuovi paesi europei senza troppe garanzie di ritorno. Questo ha provocato sfiducia diffusa che è sfociata nella brexit e nelle diffuse tendenze sovraniste.
Oggi l’Europa appare come un organismo solo pallidamente autonomo, lentissimo nelle decisioni e molto frammentato. Le risposte in politica estera sono esplocite. Già nel 2008 quando i carri armati russi si presentarono ad invadere la Georgia la reazione fu tiepida ed imbarazzata. La annessione della Crimea non fu sufficiente per prendere provvedimenti concreti al di là delle dichiarazioni. Quando poi tre anni fa Putin ammassava truppe al confine l’Ucraina dicendo che non la avrebbe mai invasa gli credettero in molti. Non fu così e con l’invasione si trattò di aiutare la resistenza di quel popolo, ma per molto tempo furono più le parole di solidarietà che il sostegno reale. Ci fu bisogno di molti morti perché diventasse realmente consistente.
La politica ed i cambiamenti sembrano correre più veloci del ritmo europeo. Il rinascere dell’imperialismo russo ci ha colto impreparati sia politicamente sia nella difesa. Inoltre la fiducia della popolazione nelle istituzioni europee si è molto ridotta. Alcuni analisti considerano estremamente improbabile che l’Unione europea, così com’è possa trovare risposte in un mondo dove tre poli (USA, Russia e Cina) si contendono le risorse del pianeta e l’egemonia politica. Anche se è vero che il vecchio continente ha ancora una grossa forza nel settore manifatturiero, nella popolazione e nel PIL, frammentato com’è, non riesce a rispondere con efficacia alle sfide che vengono poste.
Ci troviamo estremamente divisi ma ora più di sempre un’Europa unita può essere la sola risposta possibile alla complessità della globalizzazione. Forse non “questa Europa”, forse è necessario trovare una formula diversa, ma la strada non può essere che quella: trovare un modo per essere uniti davvero.
La politica estera è in questi giorni un cantiere per un nuovo sistema di Europa.
Francia e Germania hanno ripreso il timone in mano, il Regno Unito, che si è reso conto tardi dei danni subiti con la Brexit, si mostra disponibile a collaborare, e la Polonia si propone come partner protagonista.
Un copione simile si era prospettato dopo l’imposizione dei dazi di Trump. Nella possibile “coalizione anti dazi” si era proposta una azione europea coordinata a cui si erano uniti pure il Canada e la Turchia. Gli USA tuttavia, fiutando la pericolosità del progetto, con l’intento di dividere, si sono affrettati a concludere accordi separati con la GB e perseguirne altri separatamente nazione per nazione. Ma il tentativo c’è stato e questo potrebbe aprire una nuova strada.
Insomma la necessità c’è, ma lo strumento non si sa ancora quale potrà essere e coloro a cui non piace questa idea sono molti, non solo la Russia, ma anche l’alleato oltreoceano.
All’appello sembra continuare a mancare l’Italia. Nonostante sia stata tra coloro che per primi la hanno sognata e proposta, con il manifesto di Ventotene, in questo momento non brilla di protagonismo per trovare nuove formule di unità europea.
Speriamo che non si vogliano seguire strade nazionaliste o isolazioniste che porterebbero alla totale emarginazione in un declino della importanza del nostro Paese sempre più evidente a livello internazionale.
Fabrizio Turrini

