Decreto sicurezza o decreto propaganda?

Al momento dell’insediamento il ministro Nordio, preoccupato per la lentezza della giustizia, che è il cardine della sicurezza dei cittadini, affermò con molte ragioni che si sarebbe impegnato per “velocizzare il corso della giustizia, depenalizzare, ridurre il numero dei reati”.

Forse ha cambiato idea poiché constatiamo che il Governo attuale ha introdotto in due anni ben 68 nuovi reati.

In particolare il nuovo decreto denominato “Sicurezza” introduce 14 nuove fattispecie di reati e 9 inasprimenti di pena.

Molto di questo decreto ci lascia perplessi. Innanzitutto colpisce il fatto che prima fosse un disegno di legge (che doveva seguire il lento ma democratico iter parlamentare) e poi sia stato rapidamente trasformato in decreto governativo d’urgenza. Come e quali siano i nuovi reali motivi perché ora sia diventato urgente ci sfugge. Se c’è un crimine che sta aumentando è il femminicidio, ma qui, tra i tanti diversi reati qui previsti, non viene considerato. Chi ha fatto i conti sa che questo è l’82mo decreto legge di questo governo. Un vero primato!

Entrando nel merito sfugge l’urgenza, e a dire il vero anche i motivi, per vietare l’uso  della Cannabis light che non contiene praticamente THC il principio attivo responsabile dell’effetto stupefacente della marijuana, ma contiene invece il metabolita cannabidiolo (CBD), che ha un effetto rilassante ed è commercializzato in tutta Europa essendo ben meno pericoloso per la salute dell’alcol e del tabacco.

Certo, intervenire sulle truffe agli anziani aggravando le pene può essere una buona cosa e sarà accolto bene da un eletorato che invecchia.

Forse il problema della casa si risolverebbe più facilmente con una nuova gestione meno corrotta e più attenta nelle assegnazioni delle case popolari, ma certo colpire con più severità le occupazioni abusive ha un consenso diffuso nell’opinione pubblica.

Sono argomenti, questi ultimi, reali, che si pensa di reprimere con aumenti delle pene ma, purtroppo senza un soldo in più per risolverli veramente.

Destano invece non solo perplessità ma anche preoccupazione le norme che riguardano la libertà di manifestare. Colpire anche la protesta pacifica appare assai poco democratico: chi scende in piazza rischia denunce, manganellate, sanzioni sproporzionate.

Sembra che tutto sia finalizzato a colpire il dissenso.

Nonostante i proclami, la realtà ci dice che in Italia viviamo in condizioni di progressivo peggioramento sociale e impoverimento. Nonostante l’aumento dell’occupazione il tasso di precarietà è di 1 lavoratore su 4. Ovvero il 34% dei contratti è a tempo determinato, gli stipendi sono fermi, la spesa sociale e le condizioni della sanità sono in picchiata.

Forse si teme che succeda qualcosa e si gioca d’anticipo? Oltre ad una operazione che probabilmente non risolverà nulla ma certamente contribuirà consolidare il proprio elettorato, forse si tratta di prevenire, reprimendole all’origine, eventuali proteste di piazza?

Case occupate, truffe agli anziani mescolate a parole come sicurezza (opinabile) e lotta alla droga (anche se in sostanza non è droga), hanno certamente un effetto propagandistico positivo. Colpire le carcerate in gravidanza non incide sulla sicurezza di nessuno ma non dispiace l’idea di rendere il carcere più duro, le pene più severe. Le carceri scoppiano mentre il centro dei migranti in Albania (molto simile ad un carcere) è praticamente vuoto, ma forse si si pensa piuttosto a punire eventuali proteste anche se pacifiche.

Protestare è un diritto, non un crimine. Amnesty International lo ha denunciato temendo che questo diritto sia violato che coloro che scendono in piazza rischino denunce, manganellate, sanzioni sproporzionate. Con la convinzione che il dissenso con queste norme venga sempre più represso, ha intrapreso diverse iniziative, affinché l’Italia non diventi come l’Ungheria di Orban o la Turchia di Erdogan.

Fabrizio Turrini

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