Sì? No? Boh? Chi vince e chi perde

Tutti sono partigiani di qualcosa o qualcuno e addomesticano i titoli delle notizie dell’esito referendario ad uso e consumo del loro padrone. Da una parte e dall’altra.

Mi sono preso la briga di andarmi a cercare i dati. Così ci si può fare un’idea con la propria testa, se si vuole.

Per il referendum 2025, cinque quesiti promossi dall’area sindacale (soprattutto CGIL) hanno votato 14.067.256 (30,58%). Non è stato raggiunto il 50 più uno perché sia valido, come da previsioni.

I referendum solo raramente hano in passato raggiunto il quorum. Se ricordiamo quello più vicino, quello del 2022 sulla giustizia, i quesiti referendari erano stati inizialmente promossi dal “Comitato Giustizia Giusta”, promosso dalla Lega per Salvini Premier, e poi presentati per la richiesta di nove consigli regionali, tutti a maggioranza di centro-destra. Allora, solo tre anni fa, l’affluenza si fermò al 20,92%.  

Sono ben 10 punti in meno di ciò che è avvenuto questa volta, per cui si può dire che questa volta la partecipazione è aumentata.

In effetti ripercorrendo la storia dei passati referendum si può affermare che i partiti politici non amano questa istituzione. In passato, se non sono loro stessi gli organizzatori, variamente lo hanno ignorato, partecipato molto tiepidamente o sono andati al mare.

Dagli anni 90 i molti referendum abrogativi non hanno avuto successo. Solamente nel 2011 quello sull’acqua pubblica ed in nucleare hanno raggiunto il quorum.

Ma facciamo un ragionamento complessivo sulla partecipazione.

Alle scorse politiche aveva votato il 63,91% degli aventi diritto, una percentuale nove punti più bassa di quella registrata nel 2018. Un dato che pone le elezioni italiane del 2022 nella top 10 dei maggiori crolli di affluenza nella storia dell’Europa Occidentale dal 1945 ad oggi. Allora il centro destra totalizzò 12.135.315, mentre il centro sinistra 7.164.955 senza Renzi, Calenda e 5 stelle (che totalizzarono assieme circa 6 milioni di voti).

Questa volta, al referendum, pochi politici, e poche formazioni della società civile si sono impegnati per sostenere comunque una partecipazione indipendentemente dal voto, come noi di LA SCELTA DI PERSEFONE.

Nell’area del centro “Noi moderati” e l’area di “Azione” ed “Italia viva” hanno assunto posizioni di voto nel merito dei quesiti andando a votare. Gli altri partiti di destra si sono impegnati fortemente nella astensione mentre i partiti di centrosinistra hanno sposato totalmente i quesiti della CGIL.

Qualche considerazione si può fare alla fine di questa campagna referendaria, cercando di evitare pregiudizi ideologici di parte.

L’unico elemento irrinunciabile, che noi de LA SCELTA DI PERSEFONE abbiamo adottato prima di ogni altro, è la necessità della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, per garantire la civiltà e la democrazia.

Da questo punto di vista (se guardiamo solo ai dati referendari) la partecipazione al referendum è aumentata dalla scorsa volta del 10% circa. Tra coloro che si sono recati al seggio per votare ci sono pure quelli che hanno annullato la scheda o la hanno lasciata bianca, ma hanno sentito il dovere di onorare il voto. (Schede nulle: 91.366 – Schede bianche: 22.1713). Questo è un fatto positivo anche se non eclatante.

Se questo avvenisse pure nel futuro, per esempio alle prossime politiche, ritornando a percentuali di voto più alte sarebbe un ottimo risultato, e ci farebbe dimenticare il tremendo calo di partecipazione delle scorse elezioni che ci hanno dato il presente quadro esecutivo e legislativo.

Chi grida al trionfo su chi aveva promosso il referendum sembra fare una valutazione poco obiettiva, visto che la partecipazione è comunque cresciuta. D’altra parte chi sostiene che i referendum sono stati un grosso colpo contro il governo, nonostante il quorum mancato, sostenendo che i 14 milioni di votanti sono più dei 12 milioni che lo hanno votato alle scorse politiche,  fa un’estrapolazione poco corretta. Ricordiamo che in totale le forze di centrosinistra, arrivate allora (alle politiche) divise al voto, avevano preso sommandoli molti più voti, superando il centrodestra, e perdendo comunque le elezioni.

Proviamo a fare alcune riflessioni che auspicabilmente offriamo ai lettori ed alla politica.

  1. Ogni sincero democratico deve comunque favorire l’esercizio partecipativo del voto. Dimenticarsi di questo, per la propria convenienza di parte, vuol dire (sempre!) esprimere una volontà antidemocratica che presta il fianco ad autocrazie e totalitarismo. Noi lo diciamo ora e non ce ne dimenticheremo al prossimo referendum o elezioni di qualsiasi tipo.
  2. Comunque sia i risultati del referendum vanno considerati. In particolare la questione della cittadinanza e della immigrazione deve trovare soluzioni diverse rispetto alla contrapposizione ideologica attuale. Lo hanno detto milioni di italiani (… e si tratta di cittadini consapevoli e partecipanti)
  3. Qualcuno ha certamente perso se pensava di raggiungere il quorum per obiettivi politici, ma non ha vinto certamente nemmeno chi faceva propaganda per non partecipare al voto, visto che comunque 14 milioni di cittadini ci sono andati a votare.
  4. Forse lo strumento del referendum andrebbe rivisto. Non ideologicamente per comprimere il diritto dei cittadini di dire la loro, come oggi polemicamente e strumentalmente sostengono certi politici, dimenticando che le spese referendarie altre volte erano stati loro a provocarle. Ma eventualmente per rendere più efficace questo strumento partecipativo alla luce di quella che oggi è la cittadinanza attiva. Provocatoriamente potremmo ragionare su un aumento di firme necessarie per i referendum, ma anche su un quorum minore del 50% per adeguarsi alla partecipazione attiva oggi dei cittadini al voto.

Fabrizio Turrini

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