La libertà di espressione e di informazione non sono diritti scontati in molti Paesi nel mondo, neanche nei Paesi più sviluppati.
La recente uccisione in un raid israeliano di cinque giornalisti nell’attacco all’ospedale Nasser di Gaza ha sollevato questo tema. Lo sapevamo che raccontare quel che succede laggiù è a rischio di morte: questi sono solo gli ultimi degli oltre 200 giornalisti uccisi su quella terra martoriata dove Israele ha deciso che non possono entrare giornalisti stranieri.
Oltreoceano, in quella che si definiva la patria delle libertà fondamentali, gli USA, la libertà di espressione ed informazione è stata garantita, finora. Ma con l’avvento di Trump sono state intraprese diverse azioni per aggredire l’informazione libera. Prima con la chiusura della storica emittente Voice of America, poi, nei scorsi giorni, il tycoon ha dichiarato di voler revocare le licenze alle emittenti NBC ed CBS definendole le peggiori al mondo e rimarcando che “il giornalismo’ corrotto non dovrebbe essere premiato, dovrebbe essere abolito!”
L’informazione libera non piace al modello autocratico di democrazia.
Del resto il suo amico Putin da sempre non ama chi ha un’opinione diversa dalla sua.
Una corte d’appello russa ha confermato oggi la condanna a due anni e otto mesi di prigione nei confronti dell’attivista russa contro la guerra Daria Kozyreva. Si tratta di una ragazza di neanche 20anni studentessa di medicina (poi espulsa), colpevole di “denigrazione pubblica delle forze armate” ai sensi di un’articolo 280.3 del codice penale entrato in vigore in Russia dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina con intenti repressivi.
Sono state così condannate azioni di dissenso assolutamente pacifico come la pubblicazione di un post su un blog contro la guerra, e l’affissione di una citazione del poema “Testamento”, del celebre autore ucraino dell’800, Taras Shevchenko, ai piedi di un monumento a lui intitolato a San Pietroburgo.
Questo il testo:“Quando morrò, seppellitemi / e poi levatevi in piedi / spezzate le vostre pesanti catene / e innaffiate con il sangue dei tiranni / la libertà che avete conquistato”.
Ma questo della condanna a Daria, come è noto è solo l’ultimo atto della costante repressione della stampa libera in Russia che dura da anni. Ricordiamo in proposito la morte di Anna Politoskaya avvenuta perché la giornalista aveva diffuso informazioni sulla guerra di Cecenia.
Non parliamo di Turchia, Ungheria, Cina, Iran, dove dire la propria opinione o diffondere notizie diverse da quelle ufficiali comporta il rischio della vita. Su Persefone ne abbiamo parlato più volte.
Tuttavia anche in Italia la libertà di informazione soffre. Ricordate il caso Paragon ? Quel software israeliano che pare sia stato acquistato dal governo italiano per spiare giornalisti? Tutto ancora poco chiaro e il governo dice di non sapere niente.
Ma certo gli episodi di intolleranza contro la informazione libera non finiscono qui. Non si tratta solo della occupazione della RAI o degli insulti ai giornalisti da parte di uomini politici, in Italia c’è di più. Con il nuovo decreto sicurezza (un decreto omnibus che tratta di tante cose ma che è stato definito così per scopi propagandistici) si prevede che la protesta pacifica diventi un reato da perseguire. Il decreto legge è stato definito pericolosamente liberticida da Amnesty International. Purtroppo anche in Italia come in molti Paesi la libertà di informazione e di espressione non è scontata e la deriva autoritaria non promette nulla di buono.
Fabrizio Turrini

