Diventeremo tutti cinesi?

Con il rilievo politico più alto si è celebrato in Cina l’incontro dei Paesi SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai). Ne fanno parte 10 Paesi: Cina, Russia, India, Pakistan, Iran, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan con l’obiettivo di stabilire un tavolo di cooperazione politica, economica e di sicurezza, anche se non militare.

Le nazioni presenti che rappresentano circa il 40% della popolazione e circa il 35% del PIL mondiale e intendono presentarsi come il modello alternativo all’Occidente.

Indubbiamente l’incontro è soprattutto un grande successo del presidente cinese Xi Jinping che ormai si propone al mondo come punto di riferimento alternativo agli USA.

Merito di questo successo non solo l’accurata e attenta, pure senza scrupoli, politica cinese di fronte alle vicende globali, ma anche, soprattutto, la politica sconsiderata ed i fiaschi del presidente americano Trump. Con la sua incapacità ad intervenire nelle questioni internazionali che oggi si conferma con la scadenza dell’ultimo dei suoi ultimatum a Putin per la vicenda ucraina, e con il cieco appoggio a Netanyahu su Gaza e gli insediamenti di coloni in Cisgiordania non è più un riferimento sicuro per il mondo. Inoltre la sua politica tesa a demolire l’Unione Europea sta indebolendo la forza di quello che era il suo migliore alleato in politica estera, protagonista del 20% del PIL mondiale. E poi le iniziative economiche del tycoon con la politica dei dazi e il suo gioco di dichiarazioni e bluff con le diverse nazioni stanno generando in tutti i Paesi il desiderio di allontanarsi dall’orbita americana per trovare un nuovo baricentro politico.

Ecco quindi che in un mondo sconvolto da Trump, dove non contano più i trattati internazionali, la Cina si propone come interlocutore privilegiato al resto del mondo prima con l’iniziativa dei BRICS (organizzazione di economie emergenti, inizialmente composta da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica che però si espande ed influenza molti altri Paesi come Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran), ed ora con l’iniziativa dello SCO.

Paradossalmente la Cina in questi consessi si presenta al mondo come pacato difensore di quelli che erano i temi propri del liberalismo americano: multilateralismo, libero mercato, solidarietà, cooperazione e addirittura sostegno dei diritti riconosciuti dall’ONU.

Le dichiarazioni di Xi parlano chiaro: “Dobbiamo attenerci ai principi dello stato di diritto internazionale e rispettare pienamente e integralmente le norme di base universalmente riconosciute delle relazioni internazionali, compresi gli obiettivi e i principi della Carta delle Nazioni Unite”.

La profonda crisi della politica estera americana, negli ultimi anni sempre più contraddittoria (ricordiamo i fallimenti in Iraq e Afghanistan e l’incapacità di reagire rapidamente alla crisi Ucraina), ed ora gli interventi di Trump sempre più isolazionisti e privi di riferimenti ideali se non quello del profitto, lasciano il campo alla costituzione di nuove aggregazioni mondiali.

Il mondo non cammina più sui binari che conoscevamo e che per oltre 70 anni hanno regolato i rapporti nel mondo. Fa impressione vedere che a difesa di alcuni importanti diritti si erga proprio il rappresentante della autocrazia più solida ed importante al mondo che, senza scrupoli ma con molta pragmaticità, prima lega a sé la decadente ex superpotenza di Putin con stringenti accordi economici necessari per la disastrata condizione russa impegnata nella guerra, e poi si erge a promotrice del  “rispetto del diritto dei popoli a scegliere in modo indipendente e democratico i propri percorsi di sviluppo politico e socio-economico, sottolineando che i principi di rispetto reciproco per la sovranità, l’indipendenza, l’integrità territoriale degli Stati, l’uguaglianza, il mutuo vantaggio, la non ingerenza negli affari interni e la non minaccia o uso della forza costituiscono la base per uno sviluppo sostenibile delle relazioni internazionali”. Queste, proprio queste sono le parole contenute nella “Dichiarazione di Tianjin” approvata dallo SCO.

Di fronte all’incoerenza e alla incapacità di Trump il presidente cinese Xi Jinping appare come un gigante della politica mondiale.

Poco importa se Xi ed il premier indiano Modì auspicano a una pace in Ucraina ponendo fine al conflitto il prima possibile, quando poi le armi utilizzate dalla Russia sono fornite da Cina ed Iran e l’India aumenta gli scambi con la Russia.

Poco importa che i diritti di espressione e stampa siano chimere in Cina e nella maggior parte dei Paesi dello SCO. Oggi le dinamiche mondiali si svolgono purtroppo non su spinte ideali, ma sugli interessi di autocrati più o meno abili come Xi e Trump, e in secondo piano Putin, Erdogan e pure Kim Jon-un, che pure non presente a Shangai, raggiungerà gli altri per la parata del giorno della vittoria incontrando per l’occasione anche il presidente russo.

E l’Europa? la situazione di stallo è riassunta dalle parole dell’Alta rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas che, pochi giorni fa in merito alla posizione su Gaza, ha dichiarato che è “una brutta sensazione rendersi conto di non avere unità nella UE su questo tema e che la divisione tra i Paesi membri influisce sulla credibilità dell’Ue sulla scena mondiale.” Senza l’unità dei Paesi Europei l’Europa non conta nulla. e questa unità è ben lontana, se mai ci sarà.

Fabrizio Turrini

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